Storia

Dopo le tensioni crescenti che portarono alla prima crisi di Berlino, la NATO valutò la necessità di rafforzare le forze convenzionali contro la possibile invasione dell’Europa Occidentale ed attuò il riarmo convenzionale. In tale contesto venne deciso di creare dei reparti che avrebbero presidiato il ns. confine orientale. Nasceva così la Fanteria d’Arresto che aveva il compito di interdire il passaggio nella pianura friulana coadiuvata dai reparti Alpini d’Arresto che vigilava la parte alpina con gli stessi compiti.

La specialità della Fanteria d’ Arresto, non sufficientemente nota tra le altre specialità della fanteria quali: alpini, bersaglieri, carristi, granatieri, lagunari e meccanizzati, proprio per le proprie peculiarità di riservatezza e per i compiti loro affidati, fu costituita nel 1962 per trasformazione dei precedenti raggruppamenti/battaglioni da posizione, allo scopo di presidiare, in tempo di pace, ed attivare in caso di mobilitazione, le opere del nuovo sistema fortificato permanente, ideate e costruite negli anni 60 lungo il confine jugoslavo coincidente con la parte sud della cosiddetta “Cortina di ferro” ed inserite, quali cardini fondamentali, nel più ampio disegno strategico difensivo predisposto dalla NATO per il delicato settore sud meglio nota come “SOGLIA DI GORIZIA”.

In particolare ed in estrema sintesi, le “opere” della fortificazione permanente”, costituivano un sistema che, sfruttando a proprio favore gli ostacoli naturali presenti sul territorio, formava tre linee difensive di arresto e contenimento:

  • La prima, a ridosso del confine per tutto il suo andamento, aveva il suo punto critico sulla già citata soglia di Gorizia, era imperniata sul MONTE CALVARIO, che costituiva la spalla settentrionale, ed il Monte San Michele che costituiva la spalla meridionale.
  • La seconda si trovava nella pianura a ridosso della prima linea e sfruttava gli ostacoli costituiti dai fiumi TORRE, JUDRIO e NATISONE;
  • La terza, arretrata, usufruiva degli argini del fiume Tagliamento dalla stretta di Pinzano a nord, al ponte di San Michele al Tagliamento, con il compito di controllo delle direttrici di penetrazione verso la pianura padana.

Inoltre, le stesse fortificazioni, costituivano i perni di manovra delle forze mobili, per esercitare le puntate offensive destinate ad azioni di logoramento e frenaggio di eventuali penetrazioni nemiche.

In pratica, tutto il sistema della fortificazione permanente, insisteva esclusivamente sul territorio friulano e veneto, motivo questo che indusse lo Stato Maggiore dell’Esercito a provvedere anche per le unita’ della Fanteria d’Arresto, come già in atto per le unità alpine e per i lagunari, il reclutamento regionale. Pertanto, il personale opportunatamente selezionato era reclutato sulla considerazione dell’alto grado di riservatezza attinente l’ubicazione delle “opere” e le procedure imposte dall’impiego delle stesse. In altri termini si era raggiunto un significativo compromesso tra il servizio di leva svolto a favore della nazione e la difesa del proprio territorio di nascita se non della propria casa. Con la fine della così detta “guerra fredda” tutte le unita’ d’arresto sono state soppresse anche per la mutata dotazione delle armi.

Linee fortificate sul confine orientale affidate alla GAF ,agli Alpini d’arresto ed alla Fanteria d’ Arresto

Dislocazione delle Opere dela Fanteria d’Arresto. Di rilievo la concentrazione nel goriziano e cividalese; ben visibile l’allineamento lungo il Tagliamentoe quello lungo il Torre.

Durante gli anni della guerra fredda, nella situazione a schieramenti contrapposti Patto AtlanticoPatto di Varsavia venutasi a creare e che ha caratterizzato tutto il secondo dopoguerra sino alla caduta del muro di Berlino, l’Esercito italiano era orientato, soprattutto, alla difesa delle frontiere orientali. Le 25 brigate istituite nel 1975, progressivamente poi ridotte di numero (erano 19 nel 1991) erano sotto il comando operativo di corpi d’armata e di comandi di regione militare. In particolare, del V Corpo d’armata di Vittorio Veneto per le unità di prima schiera, del 4º Corpo d’armata alpino di Bolzano per le truppe alpine e del III Corpo d’armata di Milano per le unità della riserva di scacchiere, ai quali, in caso di crisi o di conflitto, si sarebbe sovraordinato il Comando delle forze terrestri alleate del Sud Europa di Verona, ente retto da un generale italiano. In quegli anni, la Fanteria d’arresto aveva il compito, in caso di attacco proveniente dagli ex Paesi dell’Est (Patto di Varsavia), di bloccare o comunque ritardare l’avanzata nemica, permettendo all’Esercito italiano di organizzarsi per la successiva difesa.

Lo scopo veniva raggiunto, in cooperazione con altri reparti mobili, con l’ausilio di fortificazioni permanenti, dette “opere”, composte principalmente da cannoni anticarro (dette postazioni P), mitragliatrici (dette postazioni M), posti di osservazione e posti di comando. Tali opere (vedi anche la voce bunker), costruite anche con fondi NATO, erano dislocate nel Friuli-Venezia Giulia e si estendevano dal confine con la ex Jugoslavia (ora Slovenia) sino al fiume Tagliamento, da est verso ovest e dal passo di Tanamea alla zona compresa fra la foce del Timavo e quella dell’Isonzo, da nord a sud.
Nella zona più a nord e seguendo il confine con l’Austria sino al Trentino-Alto Adige, operavano gli alpini, con appositi reparti di alpini d’arresto fra cui i Btg. Val Tagliamento, Val Fella, Val Natisone, Val Cismon, Val Brenta e Val Chiese; per gli alpini le “opere” erano quasi tutte in caverna (scavate nella roccia) ed erano ricavate, previo aggiornamento, delle preesistenti del Vallo Alpino. Ogni “opera” era costituita da più P, M, posti di osservazione e comando e un gruppo di più “opere” costituiva uno “sbarramento”.

La maggior parte delle fortificazioni (dette opere in pianura e sbarramenti in montagna) era costruita attorno o in prossimità degli assi stradali più importanti e di importanti ponti stradali o ferroviari (ad esempio il ponte della Delizia, Delizia est e Delizia Ovest, e Dignano, Dignano e Villa Teresa). Scopo principale della fortificazione permanente era di sostenere lo sforzo di contenimento e di contrasto contro un eventuale invasore da parte delle unità corazzate e meccanizzate. In sostanza, la fortificazione avrebbe dovuto servire a: contenere le forze avversarie e comunque a rallentarne il movimento; incanalarle lungo assi che avrebbero favorito l’intervento delle forze armate italiane; costituire perno di manovra per le unità mobili della difesa; difendere e tenere zone particolarmente importanti per la difesa o chiudere assi di penetrazione secondari, attraverso i quali potevano essere tentate manovre di aggiramento o di alleggerimento.

Postazione M4 per mitragliatrice Cotici di Savogna d’ Isonzo

La composizione delle opere era molto variabile a seconda della zona in cui si trovavano, del compito loro affidato, del tipo di avversario che avrebbero dovuto contrastare (corazzato o motorizzato) e della morfologia del terreno. Unica eccezione è il complesso difensivo scavato in caverna della Galleria di Purgessimo unica opera assomigliante alle opere del Vallo Alpino.

Grande uso venne fatto, per le postazioni di tipo P, della tecnica del cosiddetto “carro in vasca” e cioè l’uso di carri armati “interrati” in apposite grosse vasche di cemento armato, atte a contenerli; in questo modo emergeva dal livello del terreno la sola torretta del carro unica parte funzionante dello stesso. Queste torrette venivano mimetizzate in apposite strutture che potevano essere smontate in breve tempo per le necessità di eventuale utilizzo. Limitrofi alla vasca stessa c’erano altri locali accessori (sempre in cemento armato e interrati) per la vita della postazione quali: locale gruppo elettrogeno, deposito munizioni e locali per il personale a supporto. Il carro più usato per questo utilizzo fu lo M4 Sherman.

Ubicazione e numero fortificazioni della Fanteria d’arresto

Le Opere nella Regione Friuli Venezia Giulia erano ubicate dalla linea di confine fino al fiume Tagliamento secondo tre successivi allineamenti da nord a sud, ricalcando il corso dei principali fiumi.
Il numero totale delle postazioni di pianura della Fanteria d’arresto, sfiorava il migliaio e, come si evince dalla tabella sotto riportata la parte del leone veniva svolta dalle postazioni “P” nelle 3 versioni, enucleate, carro in vasca e sf., per un totale di 362 e dalle postazioni “M” in totale di 250.

Tipo di postazione e quantità

Osservatorio a scomparsa:   16
Torretta M26 enucleata:   198
Carro M26 in vasca:   112
“P” sf. 90/50:   52
“P” ST (76/40) poi 90/32:   13
“M” sf:   80
“M” sf. Panzernest:   38
Carro M4 (senza ricovero):   32
“M” su carro 15/42 in vasca:   4
“M” 4f. (vecchio tipo):   36
“M” 4f. (nuovo tipo)   210
Riservetta attiva:   3
Postazione mortai singola:   4
Postazione mortai accoppiata:   17
Postaz. campale “M” in barbetta:   22
Postaz. campale “M”coperta o in caverna:   17
Postazione “P” campale:   8
Ricoveri (12 uomini):   44
Ricoveri con postazione:   5
Infermeria:   2
TOTALE POSTAZIONI:   913

I custodi delle Opere erano sei Reparti di Fanteria d’arresto:
33° Btg. f. (arr.) “Ardenza” con sede a Fogliano di Redipuglia (GO) e distaccamento a Perteole;(UD);
52° Btg. f. (arr.) “Alpi” con sede a Tarcento e distaccamento ad Attimis (UD)
53° Btg. f. (arr.) “Umbria” con sede a Pavia di Udine (UD) e distaccamento a Brazzano (GO);
63° Btg. f. (arr.) “Cagliari” con sede a San Lorenzo Isontino (GO) e distaccamento a Lucinico e Farra d’isonzo (GO);
73° Btg. f. (arr.) “Lombardia” con sede ad Arzene (PN) e distaccamento a Latisana (UD);
120° Btg. f. (arr.) “Fornovo” con sede a Ipplis di Premariacco e distaccamento a Purgessimo (UD)

Con la fine della guerra fredda, la necessità di difendere la “porta di casa”, la cosiddetta Soglia di Gorizia, perse in gran parte la sua valenza e quasi tutte queste postazioni furono progressivamente smantellate: nel 1993 ne venne completata la dismissione.